Francesca Di Pietro

Ricerca sulla Personalità del Viaggiatore

Come viaggiatrice e come psicologa mi sono sempre chiesta quale fosse l’impatto reale del personalità di ognuno di noi quando scegliamo di intraprendere un viaggio. O meglio prima di tutto se ci sia effettivamente un influenza della personalità nella scelta del viaggio.

Personalità del Viaggiatore

Così ho deciso di condurre una ricerca indipendente sulla Personalità del Viaggiatore. La mia ricerca aveva uno scopo assolutamente esplorativo, ero interessata a capire se alcuni tratti di personalità possano influire sulla scelta del viaggio.

La maggior parte degli approcci della psicologia del turismo sono orientati ad analizzare prevalentemente la motivazione, le aspettative e la soddisfazione di un viaggiatore, io mi sono chiesta se questi elementi potessero essere influenzati dai tratti di personalità predominanti che ogni viaggiatore ha.

Gli strumenti che ho scelto sono stati un questionario sull’orientamento al viaggio, creato da me ed un test di personalità standardizzato, ho utilizzato ITAPI-G (Perussia) creato dall’università di Torino all’interno di un progetto europeo e quindi già tradotto in diverse lingue.

Il test ITAPI-G andava ad analizzare sette fattori di personalità: dinamicità, vulnerabilità, empatia, coscienziosità, immaginazione, difensività ed introversione.

Attraverso un questionario da me strutturato un sono stati analizzati 7 aspetti intrinseci ad ogni esperienza turistica e nello specifico:

-aspettative

-motivazione

-tipo di alloggio

-compagnia

-immagine di sè in viaggio

-leve comunicative

-organizzazione del viaggio

intorno ai quali si è concentrata tutta l’analisi.

La domanda principale è stata chiedersi cosa ed in che modo influenza ognuno di questi 7 aspetti dell’esperienza turistica.

Il questionario è stato divulgato in formato on-line tradotto in 3 lingue, italiano, inglese e spagnolo. Gli intervistati sono stati raggiunti tramite l’utilizzo di social network quali face-book, linked-in, e couchsurfing e in parte contattati da me personalmente durante un lungo viaggio in Sudamerica.

Ho ritenuto che fosse importante intervistare persone che avessero interesse a viaggiare,

piuttosto che un campione casuale, poiché il focus della mia analisi era indagare sul peso che alcuni tratti di personalità possono avere nella scelta del viaggio che un individuo sceglie di intraprendere.

La mia analisi ha coinvolto un campione di 740 soggetti provenienti da 71 nazionalità e poi suddivisi macro aree geografiche, 68% della popolazione è di provenienza europea, il 26% nord e sudamericana e il resto distribuita tra Africa, Asia, Medio Oriente ed Oceania.

Il campione esaminato è composto dal 57% di uomini e 43% di donne, ed è stato suddiviso in 5 fasce di età che vanno dai 18 agli ultra sessantenni, possiamo dire che la fascia più numerosa, il 47%, è rappresentata da ragazzi tra 26 e 35 anni.

L’analisi anagrafica riguardante il titolo di studio ha evidenziato che il 49% dei soggetti è laureato, il 25% ha un master o un PHD e il 23 % un diploma superiore.

Cosa cerca un viaggiatore?

La mia prima domanda è stata chiedermi quali tratti di personalità orientano maggiormente l’aspettativa di viaggio. I dati hanno evidenziato che la capacità d’immaginazione e l’empatia dei viaggiatori sono molto rilevanti nel processo di costruzione di un’aspettativa; vediamo infatti, che chi ha una grande immaginazione ed empatia si aspetta di Fare Nuove Amicizie e Conoscere una Nuova Cultura ed ha caratteristiche di personalità molto diverse rispetto a chi preferisce una vacanza Relax.

Ho chiesto loro dove preferissero dormire durante i viaggi e posso dire che il genere degli intervistati si è rivelato molto importate. Vediamo che 37% delle donne preferisce alloggiare in un B&B contro il 27% degli uomini; mentre l’alternativa campeggio è scelta dal 14% degli uomini contro solo l’8% delle donne. Anche la provenienza geografica è rilevante, gli europei preferiscono soggiornare nei B&B (37%) mentre gli americani nelle Guest House (42%).

Il tratto di personalità più discriminate è risultato la Difensività, infatti le persone più difensive preferiranno alloggiare in un Hotel di Lusso o B&B e quelli poco difensive in Campeggio. Appare chiaro che spesso i confini fisici possono essere rappresentazione dei confini sociali, una persona che alza delle difese nei suoi rapporti verso l’esterno percepirà come più accogliente una struttura che lo protegge “dall’altro”, mentre chi ha un atteggiamento più aperto e più socievole verso il prossimo, si sentirà a proprio agio ad alloggiare in un campeggio dove i confini spaziali sono fluidi e versatili.

Per me una buona parte del viaggio la fa la compagnia, quindi ho voluto indagare su quale fosse la compagnia preferita. Ho potuto osservare che il 34% degli uomini preferisce viaggiare da soli rispetto al 23% delle donne; mentre il 31% delle donne ha espresso la preferenza a viaggiare con il partner o famiglia, alternativa scelta solo dal il 24% degli uomini.

Anche la provenienza geografica può darci informazioni utili; osserviamo che gli europei preferiscono viaggiare con il partner o famiglia (35%) mentre gli americani esprimono, in percentuale uguale 37% , la preferenza per i viaggi in solitaria o con un amico.

Anche in questo caso la Difensività acquista un carattere discriminante e quindi predittivo per scelte future di persone simili, come pure l’Introversione. Le persone molto difensive, infatti, preferiscono viaggiare con il partner/famiglia e in Gruppo.

Le persone molto introverse preferiscono viaggiare da sole, questo è un dato molto importante che va osservato nell’insieme dei tratti di personalità predominanti in un viaggiatore solitario; chi viaggia da solo ha senz’altro una curiosità sociale, ma anche una naturale disposizione a stare solo con i propri pensieri.

Psicologia Turistica

E’ stato chiesto agli intervistati se avessero mai viaggiato da soli e se ne avessero intenzione di farlo in futuro; come si può osservare di seguito, le risposte alle due domande sono assolutamente in linea.

Ha dichiarato di aver già viaggiato da solo l’85% è di uomini contro il 75% delle donne e la stessa percentuale ha dichiarato che lo rifarebbe in futuro. Il 92% degli americani e del resto delle aree geografiche ha dichiarato di aver viaggiato in solitaria almeno una volta nella vita e confermato che lo rifarebbero, in Europa la percentuale scende al 74% e solo il 72% lo rifarebbe in futuro. E’ confermata l’idea che nei paesi d’oltre oceano sia molto più diffusa e socialmente accettata, l’ipotesi di viaggiare da soli anche per una donna.

Molo interessante osservare che insieme ad una tendenza all’introversione, emersa dalla domanda precedente, le persone che previlegiano viaggiare da soli sono molto dinamiche e con un livello basso di vulnerabilità e difensività. Chi sceglie di passare un lungo periodo in solitudine o quantomeno senza figure ponte come possano essere quelle familiari, ha la necessità di avere una “base introversa”, è una persona che non ha necessariamente bisogno di condividere per godere di un momento, che vive in maniera serena i suoi momenti solitari, che ha una soglia della vulnerabilità molto alta e questo lo rende forte ed autonomo anche nei momenti difficili. Allo stesso tempo ha bisogno di essere una persona poco difensiva, quindi aperto verso il prossimo, con scarsa tendenza ai pregiudizi sociali, una persona fortemente dinamica che non ha bisogno di una spinta esterna per essere proiettato in una azione, ipotizzerei che il suo locus of control dovrebbe essere spostato verso l’interno.

Come si organizza il viaggio?

Il 66% degli intervistati ha dichiarato di affidarsi ad internet, mentre il 18% ha dichiarato di decidere on the road, rispetto ai tratti di personalità le persone più difensive e vulnerabili si affidano ad un tour operator. Questo potrebbe dare spunti su come dovrebbe essere orientata la comunicazione e la relazione con il cliente per i tour operator e i siti di viaggi. Una persona che si affida ad un tour operator (ovviamente mi riferisco ai tour operator classici) per organizzare un viaggio, cerca sicurezza ed accoglienza, una figura che sciolga le sue paure e che gli permetta di vivere un’esperienza in cui il contatto con il luogo non lo coinvolga mai nel profondo, è alla ricerca di un’esperienza che non lo allontani dalla sua area di confort, come se il viaggio fosse visto tramite un vetro protettivo.

Chi cerca informazioni sul web, invece, cerca l’esperienza, l’emozione, almeno capire a cosa si troverà davanti intraprendendo un determinato viaggio per poi essere autonomo nello scegliere se l’esperienza è in linea o meno con la propria aspettativa.

Ho chiesto ai viaggiatori come immaginavano se stessi in viaggio, basandomi sul concetto ormai accreditato che il momento del viaggio sia un confronto tra un Sé ideale e un Sé reale: l’immagine del soggetto in viaggio è riconducibile alla sua rappresentazione  della realtà e anche dell’immagine di se stesso in viaggio concetto che porta con se una serie di aspettative identificazioni, status simbol e convenzioni sociali di desiderabilità” (Kaplan).

L’esperienza turistica può modificare o confermare l’idea che si ha di se stessi, può permettere l’espressione del Sé o meglio ancora di diversi Sé possibili e questo, come sempre accade nella vita, non vuol dire che ci porta necessariamente ad un’esperienza migliore. L’aspettativa di un viaggio non raccoglie solamente il pacchetto turistico che una persona sta per comprare, ma anche un immagine di se stesso che ha deciso di sperimentare. Analizzando come un soggetto si visualizza in una vacanza, si può facilmente ricondurre il tipo aspettativa che ci si è costruiti al tipo di esperienza nel quale si è deciso di sperimentarsi.

Il 42% si identifica con l’immagine di se stesso “in un mercato notturno della Thailandia”; potremmo dire che tale risposta può essere ricondotto ad una aspettativa di “conoscere una nuova cultura”, mentre fare trekking sulle Ande”, scelto dal 35% ad una di “contemplazione della Natura”.

Il tratto di personalità che più discrimina l’immagine di se in viaggio è la Difensività; i soggetti più difensivi hanno come immagine di loro in viaggio “fare shopping a New York”, rapportabile ad un’aspettativa di divertimento. Un viaggiatore con altro livello di difensività è alla ricerca di un’esperienza di viaggio centrata prevalentemente su se stesso, la sua soddisfazione non può essere influenzata da un soggetto o un contesto esterno non controllato da lui.

Ho chiesto loro quale fosse la motivazione principale che solitamente orienta la scelta di viaggio. In ogni scelta ci possono essere motivazioni fisiologiche come il bisogno di rilassarsi e ricaricarsi spesso legato anche ad un bisogno di evasione e fuga dalla quotidianità, dei bisogni interpersonali che possono articolarsi nel ritagliarsi un tempo da dedicare alla propria famiglia e ai propri cari, rispetto a quanto si fa abitualmente, o semplicemente avere la possibilità di fare nuove amicizie, ampliare la propria  cerchia di amici. Ogni individuo può avere motivazioni psicologiche come l’esigenza di ritrovare se stesso, di auto-osservazione ed auto-ascolto; delle motivazioni sociali quali il prestigio, l’idea di affermare quel Sé ideale che si rincorre. La possibilità di mettere in atto comportamenti che solitamente non s’intraprendono, perché magari poco socialmente accettati o distanti dall’immagine di se stessi nella quotidianità; questo può essere inteso un po’ come una fuga dalle costrizioni sociali più che da quelle di spazio presenti nella vita di tutti i giorni.

Il driver principale delle persone da me intervistate risulta essere: la ricerca di se stesso (32%), e con uno scarto importante, il bisogno di rilassamento (20%,) e fuga con il 18%.

Il fenomeno sociale dei nostri tempi, a differenza di quello degli anni ’70-’80, identifica il viaggio come un momento in cui ci si può effettivamente dedicare a se stessi, ricercare se stesso in viaggio è visto come un momento in cui il viaggiatore ha il tempo e il modo per dare ascolto ai propri bisogni e alle proprie mancanze, attività che risulta molto difficile nel contesto caotico in cui viviamo.

Psicologo del Turismo

Se valutiamo le risposte rispetto alla provenienza geografica, osserviamo che gli europei (31%) e gli americani (34%) identificano come motivazione preminente la “ricerca di se stessi” mentre il 22% degli europei sceglie la “Fuga”. Inoltre il 25% degli americani vede come determinante la possibilità di “lasciarsi andare a comportamenti che di solito non ho”. E’ molto ricorrente nel contesto anglosassone quello di recitare due copioni, uno nella vita formale ed uno in quello informale, comportamento che viene ripetuto e ricercato soprattutto in un contesto “altro” come quello del viaggio. La maggior parte delle persone che intraprende un viaggio cerca un distacco con la quotidianità, dedica ad un “altrove” il ruolo di cercare a trovare cose che nella vita di tutti i giorni risultano impossibili.

Il tratto di personalità Difensività, risulta avere il maggior peso discriminante; i soggetti con alta difensività hanno come motivazione al viaggio il bisogno di rilassamento e la fuga.

Mi piace pensare come dice Dall’Ara (1990), che le motivazioni al turismo possono raggrupparsi in tre distinte aree:

Personalmente ritengo che l’esperienza del viaggio racchiuda queste componenti nel vissuto stesso, più che nella motivazione. Non si può sapere a priori quanto un viaggio cambierà queste tre aree, lo si può immaginare a seconda dello scenario e del contesto che si sta per sperimentare, ma in questo caso possono essere viste solo come esperienze sognate o costruite. L’impatto forte si ha al ritorno; un impatto spesso di modifica di queste tre aree.

Viaggiando sperimentiamo i nostri confini e parlo proprio di quelli fisici, come la fatica, la resistenza, il freddo o il caldo; i nostri confini sociali che possono essere le relazioni con le persone con le quali decidiamo di viaggiare o il tuffarci in una nuova cultura con altri ritmi altre convenzioni, altri sapori. Il dentro di Sé, non si può prevedere, non si può mai predire quello che un viaggio provocherà dentro di ognuno di noi, sono esperienze che ci modificano, con una velocità ed un impatto che solo un trauma può avere, ma per fortuna quasi sempre al viaggio leghiamo un cambiamento positivo. A parer mio, da psicologa e da viaggiatrice ritengo che un viaggio possa avere un impatto su tutta l’area del Sé, può avere un impatto forte e profondo, ma alla fine del cammino bisognerebbe essere guidati nel ritorno alla realtà, per far sì che questa esperienza porti ad un reale cambiamento o quanto meno ad una diversa consapevolezza di Sé.

La Ricerca completa è stata pubblicata nel 2013 su Turismo e Psicologia per scaricare la ricerca completa clicca qui: Ricerca Completa